La fatica è un fenomeno meccanico di progressiva degradazione di un materiale sottoposto a carichi variabili nel tempo (in maniera regolare o casuale) che può portare alla sua rottura (cedimento a fatica o rottura per fatica). Ciò accade anche se il materiale si mantiene entro il suo limite di elasticità durante la sua vita utile, ovvero se l’intensità massima dei carichi in questione resta al di sotto della tensione di rottura o di snervamento statico del materiale stesso.

Storicamente scoperta e studiata come fenomeno prettamente metallurgico (quindi nell’ambito dei materiali metallici), in seguito il termine “fatica” è stato usato anche per le altre classi di materiali, come i materiali polimerici o i materiali ceramici.

Si stima che la fatica sia il fenomeno responsabile della grande maggioranza dei cedimenti in fase di esercizio degli organi di macchine costruiti in materiale metallico: approssimativamente il 90% delle rotture segue i tratti caratteristici del cedimento a fatica.

L’impatto della fatica meccanica sui componenti e sulle strutture metalliche portanti è altamente significativo e coinvolge aspetti economici, ambientali e di sicurezza. Per quasi 200 anni, ingegneri e scienziati hanno cercato incessantemente di prevenire guasti per fatica e di comprenderne le cause. Gli ultimi decenni hanno visto l’avvento di una vasta gamma di tecniche sperimentali e computazionali che ci hanno permesso di fare progressi un tempo impensabili in questo campo. Nonostante questi progressi, un numero significativo di problemi rimane irrisolto.

Nel caso dei materiali metallici, la fatica è legata ai fenomeni di micro-deformazioni plastiche cicliche locali indotte dal ciclo di sollecitazioni. Esse sono dovute al fatto che, per effetto di vari tipi di microintagli e/o discontinuità (bordi di grano, inclusioni non metalliche, composti interstiziali, rugosità superficiali), il valore dello sforzo può superare localmente il carico di snervamento, anche se il carico macroscopico esterno rimane sempre al di sotto di esso.

L’aspetto più critico del guasto per fatica è dunque l’innesco, ovvero le condizioni che avviano o consentono la formazione di crepe propaganti.

Contenuto dell’articolo
Fig.2 – Panoramica dei meccanismi del danno per fatica che si verificano a diversi livelli della struttura del materiale metallico, che vanno dalla scala macroscopica del componente meccanico fino alla scala atomica del reticolo cristallino. Grafica realizzata da Mattia Pegolo e pubblicata da Enrico Salvati (DPIA, Università di Udine) sulla rivista “International Journal of Fatigue” [1].

Su scala sub-millimetrica, i materiali metallici possono presentare difetti, come porosità, micro-fessure, impurità, rugosità superficiale, ecc. Quando vengono applicati carichi esterni, queste caratteristiche possono dare origine a forti stress localizzati, spesso generando una deformazione plastica concentrata in un punto. L’influenza dei difetti sulle prestazioni a fatica dei materiali è condizionata dalle dimensioni, distribuzione e morfologia dei difetti stessi.

Un altro fattore di innesco sono le disomogeneità microstrutturali intrinseche: i materiali metallici mostrano spesso una struttura policristallina caratterizzata da bordi di grano. I grani sono costituiti da strutture cristalline ben organizzate; l’orientamento e la texture dei grani, le dislocazioni, i precipitati, le fasi intermetalliche, le inclusioni non metalliche, e l’interfaccia del bordo di grano possono influenzare in maniera molto diversa la risposta meccanica del materiale allo stress a fatica.

Tutte queste caratteristiche stanno diventando sempre più oggetto di studio e caratterizzazione, grazie all’utilizzo sempre più frequente del Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) all’interno dei laboratori di Ricerca & Sviluppo e del Controllo Qualità, ma anche grazie all’esplorazione di tecniche con più elevate capacità analitiche quali FIB SEM (Focused Ion Beam Field Emission Scanning Electron Microscope) ed EBSD (Electron BackScatter Diffraction).

Contenuto dell’articolo
Fig.3 – Alcuni esempi di difetti in campione di acciaio: inclusione di allumina e precipitato di piombo (CIQTEK SEM 3100) [2].

Tramite la funzione di analisi delle dislocazioni del software AZtecCrystal a corredo del detector EBSD di Oxford, ad esempio, è possibile studiare l’orientamento dei grani e la distribuzione delle dislocazioni in un campione in lega di titanio fortemente deformato, per individuare i meccanismi di attivazione dei piani di slittamento e comprendere il comportamento del materiale sottoposto a sollecitazione meccanica.

Contenuto dell’articolo
Fig.4 – Risultati delle analisi con detector EBSD Symmetry S2 installato su SEM FEG, condotte su campione in lega di titanio sottoposto a carico uniforme (direzione parallela a X). A sinistra: mappa di orientamento IPF-Z dei grani; sono visibili una significativa deformazione plastica e aree con grani orientati in maniera disordinata. A destra: mappa delle dislocazioni GND (visibili in verde le aree con maggior concentrazione di dislocazioni). © Oxford Instruments plc, 2021 [3].

Per approfondire:

[1] Evaluating fatigue onset in metallic materials: Problem, current focus and future perspectives. E. Salvati, International Journal of Fatigue 188 (2024) 108487

[2] Failure Analysis of Metallic Materials – Scanning Electron Microscopy (SEM) Applications. © CIQTEK Co., Ltd., 2022

[3] Evaluating Dislocation Densities and Slip Systems in deformed Titanium using EBSD. © Oxford Instruments plc, 2021

Clicca qui per vedere il nostro webinar su EBSD