Introduzione
Fig.1 – Verifica della calibrazione del SEM con griglia standard in silicio con passo 1 μm.
Gli standard di calibrazione per SEM vengono utilizzati per valutare l’accuratezza e la coerenza di numerosi aspetti del Microscopio Elettronico a Scansione, tra cui le impostazioni di ingrandimento, i parametri di imaging e il sistema di spettroscopia a raggi X (EDS). Gli standard sono disponibili in diversi materiali e formati specifici, a seconda del parametro che è necessario calibrare.
Per poter accreditare il proprio laboratorio per certe specifiche prove di analisi, è necessario dimostrare all’ente certificatore la capacità di verificare periodicamente, ed eventualmente correggere, la calibrazione del proprio strumento SEM+EDS, utilizzando gli opportuni campioni standard di riferimento, che devono essere corredati di un certificato di analisi che ne comprovi la validità e la tracciabilità.
In questa Application Note vedremo le tipologie di standard più comunemente utilizzati per il SEM.
Standard per la calibrazione degli ingrandimenti
Quando si parla di ingrandimento al SEM, alcune precisazioni sono d’obbligo.
L’ingrandimento è per definizione un rapporto tra due misure, e in quanto tale rappresenta un numero relativo privo di un preciso valore scientifico. La formula dell’ingrandimento (M, “magnification”) è data dal rapporto tra la dimensione del campione sull’immagine (Lm) e la dimensione reale del campione (Ls). Mentre quest’ultima è ovviamente costante, l’immagine al contrario può essere visualizzata su diversi monitor o stampata con differenti dimensioni. Se l’immagine del campione viene riscalata dopo essere stata memorizzata al microscopio elettronico a scansione, l’ingrandimento indicato perde di ogni significato.
Fig.2 – Rappresentazione di diversi ingrandimenti ottenuti proiettando l’immagine acquisita al SEM su schermi di diversa dimensione.
Per questo motivo ci viene in aiuto la “scale bar”, presente in ogni SEM, che ci dà un’indicazione immediata e sempre veritiera della dimensione del campione nell’immagine. Ma come possiamo fidarci della misura riportata sulla scale bar del nostro SEM?
Sebbene le moderne tecniche di produzione abbiano notevolmente migliorato la precisione dei SEM, è buona norma controllare regolarmente se l’ingrandimento mostrato sul SEM è ancora corretto.
Grazie a campioni standard dedicati, è possibile verificare ed eventualmente ricalibrare la dimensione dell’immagine visualizzata al microscopio elettronico. Durante l’acquisizione di un’immagine, lo scan generator del SEM deflette il fascio elettronico sul campione, mentre i detector SE e BSE raccolgono gli elettroni secondari e retrodiffusi per ogni posizione x, y del fascio. Durante l’operazione di calibrazione si va ad ottimizzare la distanza con cui il fascio si muove in x e in y, in modo da correggere eventuali effetti di distorsione.
L’errore sull’ingrandimento misurato può essere compreso tra il 5 e il 10%. Si dovrebbe anche tenere in considerazione che l’ingrandimento nel SEM cambia con la working distance. Per questo la calibrazione dovrebbe essere eseguita da un tecnico specializzato, che provvede a calibrare il sistema con un fascio stabile e alla stessa working distance usata dal cliente per le analisi di routine.
Il controllo della corretta calibrazione del microscopio elettronico a scansione rientra fra le linee guida dei regolamenti europei sulle “buone pratiche di laboratorio” (GxP, “Good Practice Quality guidelines”), ed è previsto anche dalla normativa ISO 17025, contenente i requisiti specifici che dimostrano la competenza dei laboratori di prova e di taratura.
Inoltre, per l’accreditamento di specifiche prove di analisi, come ad esempio la misura della lunghezza e del diametro delle fibre di amianto, è previsto che sia la stessa azienda o centro di ricerca a dotarsi di un campione standard di riferimento con cui è possibile dimostrare all’ente certificatore l’accuratezza delle misure eseguite al SEM.
Questo standard è solitamente costituito da silicio monocristallino di dimensioni complessive pari a 5 mm x 5 mm, contrassegnato con quadrati chiaramente visibili di periodicità 1 o 10 μm (Fig. 3). Le linee di demarcazione sono realizzate mediante litografia a fascio elettronico e verificate con tecnica AFM. Il passo della griglia è generalmente misurato con FE-SEM e certificato da un organismo esterno qualificato, quale ad esempio l’INRiM (Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica), il NIST (National Institute of Standards and Technology) o da altro LAT (Laboratorio Accreditato di Taratura).
Fig.3 – Campioni Standard con griglia con passo da 1 µm e da 10 µm, adatti rispettivamente per la calibrazione degli ingrandimenti al SEM in un intervallo 100x – 10000x e 100x – 1000x.
Standard per il test della risoluzione
Il potere risolutivo di un microscopio è la distanza minima tra due punti che lo strumento consente di osservare come distinti.
Il primo microscopio elettronico a scansione disponibile in commercio è stato introdotto oltre 70 anni fa e a tutt’oggi non esiste ancora una metodologia standard accettata a livello internazionale per determinare la risoluzione SEM. Per di più ogni produttore di SEM si affida al proprio campione e ai propri metodi per determinare la risoluzione.
Due dei metodi più comuni per determinare la risoluzione sono:
A) misurare la separazione tra due oggetti adiacenti;
B) raccogliere un profilo lineare delle variazioni di intensità del segnale attraverso un bordo netto.
Poiché l’acquisizione delle immagini e le procedure di misurazione effettive possono variare notevolmente tra diversi fornitori di microscopi, è importante essere consapevoli quando si confrontano i valori di risoluzione forniti dal produttore. Il modo in cui viene effettuata la misurazione e quali campioni e parametri vengono selezionati possono avere un profondo impatto sul valore di risoluzione riportato nelle schede tecniche.
La risoluzione, intrinsecamente legata al diametro del fascio elettronico, si verifica con opportuni campioni costituiti da particelle di diametro variabile, tipicamente oro o stagno, depositate su un substrato di carbonio. Le immagini ad alta risoluzione acquisite durante i test dovrebbero idealmente mostrare dettagli nitidi e sottili, un buon rapporto segnale/rumore, e una buona gamma di livelli di grigio.
Fig.4 – Test di risoluzione condotto su particelle di stagno depositate su substrato di carbonio, secondo i due metodi A e B descritti.
Standard per l’analisi geometrica 3D
Esistono tecniche nella microscopia elettronica che si basano su modi alternativi di comprendere e utilizzare lo strumento. Negli ultimi anni sta diventando sempre più frequente l’utilizzo del SEM per la caratterizzazione della texture superficiale, ad esempio per avere una stima della rugosità oppure per lo studio di difetti e porosità. Partendo da una visualizzazione bidimensionale in scala di grigi di una certa area del campione osservata al microscopio elettronico è infatti possibile con opportuni metodi ricostruirne il profilo tridimensionale.
La tecnica di Topografia SEM con metodo “Shape-from-shading” si basa sul fatto che la distribuzione angolare degli elettroni retrodiffusi (BSE) dalla superficie del campione è determinata dall’orientamento della superficie stessa. Utilizzando le immagini acquisite con diversi settori del detector BSE è possibile derivare la topografia tridimensionale della superficie a partire dalla diversa ombreggiatura presente in ciascuna immagine.
L’altezza di ogni punto nell’immagine scansionata viene ricostruita dal suo orientamento tridimensionale. La risoluzione spaziale in altezza è nello stesso range della risoluzione laterale e, poiché si basa sui segnali BSE, dipende dalla densità del materiale.
Fig.5 – Immagine BSE e modello 3D di un tipico campione di calibrazione per la ricostruzione 3D, costituito da tre piramidi di calibrazione e da una struttura a cupola di allineamento. (Campioni di calibrazione Point Electronic GmbH)
Nella ricostruzione 3D Live al SEM, il calcolo delle altezze viene eseguito in tempo reale durante l’acquisizione delle immagini. La strumentazione necessaria è costituita da un detector BSE con almeno 4 settori, un software dedicato e uno o più campioni standard di calibrazione scelti in funzione dell’ingrandimento con cui si acquisiscono le immagini per la ricostruzione 3D.
La calibrazione comprende diversi step, tra cui la regolazione del guadagno e dell’offset dei 4 segnali, e il controllo delle proprietà geometriche del rivelatore (distanza dal campione, angolo rispetto alla scan rotation, area di rilevamento, raggio di curvatura a bassi ingrandimenti). Con la procedura di calibrazione vengono stimati non solo i fattori di scala laterale, ma anche la scala in z e le deviazioni non lineari, per consentire una valutazione dell’accuratezza dei dati topografici.
I campioni standard utilizzati per la calibrazione (Fig. 5) consistono in strutture tridimensionali precedentemente misurate con uno strumento metrologico come un microscopio a scansione di sonda (SPM), e contrassegnate con segni di marcatura posizionati a diverse altezze per determinare i fattori di scala e tutti quei coefficienti di correzione che sono necessari all’algoritmo di calcolo delle altezze.
Standard per la calibrazione del detector EDS
I sistemi EDS sono generalmente molto stabili in normali ambienti di laboratorio, ma le prestazioni e l’accuratezza delle analisi potrebbero comunque essere degradate da idrocarburi o condensa sulla finestra del rivelatore o dalla perdita dell’alto vuoto all’interno del rivelatore. Nello specifico, i raggi X a bassa energia (elementi più leggeri) sono quelli maggiormente interessati rispetto ai raggi X ad alta energia.
Fig.6 – Il detector EDS può essere calibrato utilizzando come riferimento un elemento (es. rame) che ha un picco a bassa energia, in modo che la posizione zero dello spettro possa essere fissata, e un picco a energia più alta, in modo che possano essere corretti gli errori sul gain. Le prestazioni del detector possono essere monitorate registrando il rapporto del numero di conteggi di raggi X nei picchi Lα e Kα. (https://myscope.training/)
È possibile monitorare le prestazioni del detector registrando la variazione del rapporto L/K, ovvero il numero di conteggi di raggi X nel picco Lα rispetto a quello nel picco Kα per un materiale di riferimento standard come ad esempio il rame.
La calibrazione della scala delle energie per il detector EDS, che si esegue tramite una routine dedicata inclusa nel software a corredo della microanalisi, consiste nel correggere l’eventuale deriva elettronica presente fissando il canale zero e il guadagno (gain) utilizzando le righe L e K dello spettro di un elemento di riferimento. Metalli come Co, Ni, Cu o Mn sono comunemente usati a questo scopo. La calibrazione garantirà che i conteggi dei raggi X siano tracciati nei canali energetici corretti. Nella maggior parte dei casi l’acquisizione dello spettro, l’analisi e il salvataggio dei dati di calibrazione sono eseguite in maniera completamente automatica.
Fig.7 – Blocchetto di materiali standard per il controllo e la calibrazione dei sistemi EDS.
Esistono in commercio diversi standard di calibrazione, con elementi di diverso numero atomico, adatti a calibrare il sistema SEM-EDS scegliendo le condizioni operative in funzione del tipo di analisi che si andranno ad eseguire con maggiore frequenza.
Standard per l’analisi EDS quantitativa
L’EDS, in generale, è considerata una tecnica di analisi elementare semiquantitativa. I sistemi moderni sono in grado di rilevare elementi da Be a U, con limiti di rilevabilità in genere considerati ≥1% per elementi a basso numero atomico (da Be a F) e ≥0,1% (1000 ppm) per elementi a numero atomico più elevato.
Nell’analisi quantitativa “standardless” l’utente non utilizza standard reali, bensì standard virtuali, i cui spettri caratteristici sono salvati in database forniti dai produttori di EDS e grazie ai quali è possibile utilizzare un rapporto di intensità di picco per determinare l’abbondanza relativa degli elementi rilevati. Le intensità di picco vengono corrette per gli effetti di background e matrice e i risultati vengono quindi normalizzati al 100% in base agli elementi rilevati. Questa normalizzazione può però nascondere errori nei risultati dell’analisi. Nelle condizioni ottimali di analisi (es. campione omogeneo, superficie perfettamente piatta e lucida e perpendicolare al fascio elettronico incidente) ci si può aspettare un errore relativo compreso tra il ±2% e il ±5% per gli elementi maggioritari. Tuttavia, questo errore può aumentare significativamente nel caso ad esempio di superfici ruvide.
Per condurre un’analisi EDS quantitativa con standard reali gli step da seguire sono i seguenti:
1) definire tramite analisi qualitativa l’elenco degli elementi presenti nel campione da analizzare;
2) eseguire una calibrazione del sistema EDS con uno standard puro alla tensione di accelerazione più idonea per l’analisi degli elementi rilevati;
3) registrare lo spettro EDS su materiali standard per gli elementi da analizzare, con gli stessi parametri di acquisizione che si utilizzeranno per la successiva analisi: tensione di accelerazione, corrente del fascio, e di conseguenza il numero di conteggi (CPS), la costante di tempo (TC) e il tempo morto (Dt%);
4) acquisire gli spettri sul campione, avendo cura di tenere monitorata la corrente di fascio;
5) elaborare gli spettri per l’analisi quantitativa, utilizzando come libreria di base per l’algoritmo di calcolo ZAF il database aggiornato con gli spettri registrati sugli standard. All’interno del software a corredo della microanalisi è infatti possibile avvalersi di una specifica funzione che permette di modificare il database di standard predefinito. Per l’analisi EDS quantitativa, è dunque possibile utilizzare una combinazione dei propri standard per elementi specifici e degli standard virtuali per qualsiasi altro elemento identificato.
I materiali standard devono essere ben preparati e accuratamente conservati, affinché siano piatti, lucidi, conduttivi e privi di alterazioni (ad es. ossidazione, corrosione, contaminazioni).
Fig.8 – Esempio di due set di standard per l’analisi quantitativa con EDS, WDS ed EBSD, con diversi materiali puri o sotto forma di composti binari o terziari.